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sabato 11 aprile 2020

Via Shredel 23


Che tipo straordinario Grisullo Flair. Uno di quei filosofi di strada che ti convincono di tutto, anche quando la ragione del dire verte sui più alti livelli. Amico fraterno Grisullo Flair, quel solitario figlio della vita che vedeva in me una sua stessa proiezione; tutto preso e affascinato dalla formula delle mie interviste metropolitane e nelle periferie; le più interessanti le facevo coi personaggi che lui stesso mi consigliava d’intervistare. Mi aveva appena fatto un’offerta senza precedenti ma ai limiti della credibilità. Faticai non poco ad accettare. Non mi aveva mai detto balle e, comunque, non ci avrei perso nulla a credergli, anche quella volta. Così mi ero convinto. Mi disse, noncurante del mio giustificabile trapelante scetticismo, che avrebbe pensato lui a tutto. L’accordo si concluse la sera del mercoledì della settimana precedente, durante la cena che solitamente gli offrivo nella taverna a noi più cara. Tutti i mercoledì ... Aveva proprio ragione Grisullo, mi aveva procurato un appuntamento incredibile, veramente incredibile.Io, da allora, da quel mercoledì, non l’avevo più sentito nè visto. Questo mi suonò strano, strano come il buon Grisullo del resto. E così non ci feci troppo caso, preso com’ero dall’idea di quell’appuntamento.

 L’appuntamento.

Lei si aggirava per le vie della periferia di Wahra, ben coperta, come si conviene quando la temperatura non supera lo zero. Tutta avvolta nel suo manto scuro che spesso la confondevo con la propria ombra. I suoi passi erano lenti ma sicuri. Io la seguivo a distanza, la spiavo mentre attraversava il quartiere Crewttom, tra i cocci delle bottiglie rotte. Lungo la via, negli angoli più riparati dalla tramontana, incrociava i senzatetto, i vagabondi infreddoliti e accartocciati sotto i propri stracci e i cartoni.

Lei guardava e passava oltre, sembrava non curarsene troppo. Avevamo un appuntamento a mezzanotte in punto, in via Shredel 23, nei quartieri alti. Intanto io continuavo a pedinarla mentre girava l’angolo della Cattedrale e proprio lì, svoltando, incrociò un gruppo di signori distinti che discutevano di politica. Lei non fece una piega, tirò dritto verso il viale Blu, come se niente fosse. La cosa davvero eccezionale fu che quegli uomini neppure la notarono; almeno così sembrò. Come si fa a non notarla? Mi domandai. Come puoi non notarla con quell’andatura da felino a due zampe, così vestita e nel cuore della notte? Improvvisamente, mi tornarono a mente alcune riflessioni di Grisullo e, in testa, una frase: “Poco importa che sia bello o brutto, se nessuno ti vuol vedere, non ti vede nessuno”. Sorrisi pensando al mio amico per onorare la sua saggezza e ... mi resi conto di averla persa di vista. Fui colto da un attacco di panico. Cominciai a fare passetti in tutte le direzioni, freneticamente, allungando il collo nella speranza di riagganciarla. Niente da fare. Per fortuna mi ricordai subito che, comunque, avevamo un appuntamento. Così smisi di praticare quella buffa danza, tirai un po’ il fiato e accesi una sigaretta dopo aver guardato l’orologio: erano ancora le undici e quaranta. Quindici minuti più tardi, ero al numero civico 23 di via Shredel; spensi l’ennesima sigaretta e subito ne accesi un’altra. Mi resi conto dell’ansia avvertendo i miei soliti bruciori di stomaco e quando, tirando una boccata, notai che la mia mano destra era tutta sudata, nonostante il freddo.

- Un fumatore incallito, ansioso ma puntuale.

A momenti mi stende, quella voce cavernosa che mi coglie alle spalle.

- Io sono pronta signore, tutta per lei, ma dobbiamo fare in fretta, non ho molto tempo.

Spensi la sigaretta col piede ma con un insolito movimento sussultorio di tutta la gamba, che muovevo involontariamente e non certo per il freddo.

- Ha paura forse ?

- Beh, un po’ sì ...- ammisi, offrendole un’espressione da fesso.

Mi misi a cercare il mio piccolo registratore; ci impiegai un po’ prima di ritrovarlo tra le numerose cianfrusaglie che solitamente tenevo nelle tasche del cappotto.

Accesi l’apparecchio e lo portai vicino alla mia bocca, mentre con gli occhi cercavo quelli di lei. Senza fortuna, purtroppo. Il suo viso, infatti, era immerso totalmente nell’ombra del cappuccio e inoltre, proprio quando si accorse di quale fosse la mia intenzione, si piegò leggermente in avanti col corpo e con la testa. Sembrava che mi guardasse le scarpe.

- Non male le sue scarpe.

Mi disse fornendo così un’anima alla coincidenza.

- Beh... Sì, a me piacciono molto, sono anche comode e calde. Sa, con questo freddo... Che ne dice di cominciare a rispondere a qualche domanda?

Fece di sì col capo, con due soli movimenti. Avanti e indietro, avanti e indietro.

- Perché prima mi ha chiesto se avessi paura?

E spostai il registratore verso di lei.

- Perché bisognava pur iniziare da qualche parte. Iniziare con una banalità è conveniente in questi casi.

- Qualcuno ha mai risposto “no” a quella domanda ?

- Mai! Se faccio la domanda è solo per sentir dire di sì. Mi fa bene.

- In cosa consiste di preciso il suo... lavoro? Insomma, lei se ne va in giro per la città così, a zonzo oppure ...

- Mi scusi se la interrompo ma la sua domanda rischia di diventare stupida. Io a zonzo? Non vorrà farmi ridere adesso?

- Le domando scusa.

- Scusato.

- Sono emozionato, ammetto.

- Diciamo che talvolta posso essere fraintesa, per esempio quando accade che qualcuno venga da me per un errore, una distrazione propria o di terzi, una ... debolezza. Ma non dipende dalla sottoscritta. Io so dove farmi trovare anche in quei casi lì. Ma a zonzo, no! Mai!

- Bene. Allora mi conceda di riformulare la domanda precedente. Io intendevo dire ... Perché se ne va in giro... Così? Nel senso che ... Io non capisco se sia per farsi notare oppure no. Vede, poco fa ho avuto l’impressione che altri non l’abbiano notata affatto ... Ma forse è solo una visione personale ed errata. Insomma ... Prima, vicino alla cattedrale io ...

- Lei! Mi dica! Lei mi vede?

- Certo che sì !

- E questo solo conta.“Poco importa che sia bello o brutto, se nessuno ti vuol vedere, non ti vede nessuno”.

- Porca miseria !

- Cosa?

- Quelle parole... Io le conosco, sono parole di ...

- Di chi ?

- No, niente, un mio amico dice così . Molto spesso. Che singolare coincidenza!

- Coincidenza dice lei ... Io dico che coincidenza è una parola abusata. Tuttavia non è una stupidaggine! Intendo che se il suo amico dice queste cose, lui non dice stupidaggini.

- No. É persona molto acuta il mio amico, glielo assicuro.

- Bene, allora, per concludere ...

- Di già?

- Sì, purtroppo il mio tempo è scaduto. Tra poco avrei qualcosa da fare. Ma prima vorrei lasciarle un suggerimento. Lei si dovrebbe ricordare ogni giorno di questo momento. Di avermi vista, intendo. Le gioverà. Lei godrà più di coloro che fanno finta di non vedermi, di non sentirmi e che nascondono la mia esistenza nell’oblio alimentando chimere in luogo di speranza.

- Grazie, ricorderò. Mi dica un’ultima cosa però! Per cortesia ...

- L’ultima.

- C’è davvero una speranza?

- Mi dica, lei al mio posto risponderebbe di no?

Rimasi impietrito per un attimo. Poi scossi il capo.

- Che cosa ricorda lei prima della sua nascita?- aggiunse con sconcertante sicurezza.

- Niente!

- Eppure, anche a quei tempi, lei non era ... niente, no?

E così dicendo scattò in avanti con un vero guizzo felino e mi spinse via con una forza inaudita. In quell’istante, e solo per quell’istante, riuscii ad intravedere il suo volto ... Non potrei mai descriverlo però.

Contemporaneamente, proprio sul posto in cui sostavo l’attimo precedente, precipitò una grossa fioriera che si frantumò all’impatto. Mi avrebbe ucciso di sicuro.

- Come vede, anche i fiori possono fare molto male. Ho accettato di incontrarla solo per lavoro. Per fare conoscenza. Cosa da privilegiati. Non dimentichi, mi raccomando. Adesso con lei avrei davvero finito.

Tanto mi disse prima di imboccare il vecchio cancello aperto del numero 23 per sparire nel buio dell’immenso cortile che, a sua volta, forniva l’unico accesso al famoso stabilimento Croc, un’azienda di pelati in lattina divenuta rifugio notturno per decine di vagabondi.

Rimasi in preda allo shock per qualche minuto. Mi sembrarono ore. In seguito rivolsi lo sguardo proprio in direzione del cortile; nella penombra distinguevo un uomo che correva verso il cancello d’uscita. Distinsi che era una guardia giurata solo quando attraversò un tratto leggermente illuminato. Si agitava e teneva una radiotrasmittente in mano. Sentii poi delle sirene in avvicinamento. All’imbocco della via scorsi anche i lampeggianti blu accesi. C’era un ambulanza in testa e alcune auto della polizia al seguito. Sinceramente, ero frastornato. Decine di agenti e due portantini imboccarono la stessa direzione. Un poliziotto si avvicinò e mi chiese da accendere. Io approfittai per chiedere.

- Cos’è successo ?

- Un barbone di quelli che stanno lì dentro... Si è ucciso. Una guardia notturna lo ha trovato penzoloni. Si è impiccato.

Accese dal mio accendino e tirò con gusto.

- Povero Cristo!

Aggiunsi per pietà dello sventurato.

Trascorse sì e no un quarto d’ora che i portantini, circondati da alcuni curiosi e dalle forze dell’ordine, fecero ritorno verso l’esterno. Mi avvicinai alla salma prima che questa venisse deposta nell’ambulanza. Il medico la scoprì, tirando via il lenzuolo bianco. Ancora oggi il ricordo di quella vista mi scuote terribilmente. Mi avvicinai repentinamente facendomi largo tra gli agenti.

- Ehi, lei! Dove crede di andare ?

- Fermate quell’uomo!

Giunsi a fatica in prossimità della vittima e purtroppo vi trovai la spietata conferma.

Abbracciai il corpo ancora caldo del povero Grisullo e lo strinsi forte. Non riuscii a versare una lacrima. Troppe emozioni in troppo poco tempo, credo. I poliziotti mi staccarono dal mio amico e mi allontanarono. Un uomo, più distinto nei modi, uscì dal gruppo e si avvicinò.

- Lei lo conosceva?

In quel preciso istante i miei nervi tremarono e mi indussero in un pianto liberatorio.

Non riuscivo a parlare, ricordo solo che annuii, in modo scomposto. L’uomo, che doveva essere un ufficiale, mi porse un fazzolettino perché mi asciugassi le lacrime.

- Forse è il caso che lei ci raggiunga in centrale, dovrei farle qualche domanda.

Subito feci per seguirlo, ma quello mi fermò con garbo.

- Non è necessario che venga ora. Ci raggiunga domani.

Ritrovai miracolosamente la forza di parlare, seppure a singhiozzi.

- Domani?... Va bene, domani ... Che bella parola “domani”!

2 commenti:

  1. Leggerti ora e come ritrovare un amico che non si vede da tanto tempo. Proprio ora, c'e bisogno di uno scambio di idee, opinioni, emozioni e prospettive e il tuo racconto e tutto ciò! E bello rivederti, aspetterò il prossimo incontro.

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    1. Carissima, mi lasci senza parole. Mi hai fatto emozionare e per questo sono riuscito a dare un senso a quello che faccio. Grazie. E' bello rivederti! Vale anche per me. Ti abbraccio forte da lontano.

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