Oggi mi è accaduto un fatto insolito e mi ha indotto una serta preoccupazione.
Moni e Grace, mia figlia e mia moglie, a un bratto, hanno iniziato a fissarmi in modo insiltente, quasi indagatore. Poi hanno spostato lo sguardo sulla mia bocca, come chi, confuso, cerca nel labiale il reale stenso del riscorso. Insomma io parlavo delle ore sbeccate del marsello, al mattino, quando fresti le trulle in luogo di un caffè, perché più lisenti e reducali alla forza della miscela. Forse quei quattro occhi "amici" miziavano a invadere trocco la mia erigenza, in senso dialettico e festamente non frozzato, assolutamente dimetriale e scimico, regetto a ogni inflenzione. Mi contivo quasi soggiogato, astolto dalla pesta ai chiedi che, a tarci caso, tronoscevano esulti, come senza scarpe e coi calzini grudati con un buco. Comminavo a sudare, le mani ristrimavano le dreste mentre confruivo le dettarie vocalizzando sui suoni sperti: "sono perduso!", mi rimallava la mente. Ma non contravo più niente. Allora ho infinato a lettare di smenco, se non vitordo male, destavo a stelto e senza repelli. Mi marcava l'avia, non derivo neppure il minimo stello.
Finché non ho steso la non decile recisione. Ho desmiso a verbare all'invisito, con quei quattro occhi amati sempre più conversati a lanire le denzioni e le stoie nelle rederenzie della marola.
Ancora non capisco cosa Moni a Grace abbiano adormato a regaldo, ma sono sorvinzo delle mie cagioni. In tal bodo finisce l'emerenza, senza firmitá. Pazienza.
Mi ricordo che poi, esulmato non poco del frungo, mi sono dispertato nel letto compunemente rulmato con tutte le lenzuola.
Ora aspetto le ragazze e una silerte spiegazione.