- Il mio lavoro non esiste!
Mi andavo ripetendo.
- Esiste solo l’effetto che produce: la menzogna di massa. Io scrivo menzogne.
Così mi feci forza, andai in ufficio e mandai al diavolo tutto e tutti, compreso il direttore. Misi insieme un po’ di cose e, mosso dal desiderio di realizzare finalmente un vero servizio, partii alla volta di Draisettenetten, la graziosa cittadina che ospitava, tra gli altri, il celeberrimo professor Kric. Il personaggio mi incuriosiva tantissimo e da tempo sognavo di intervistarlo.
Giunto a Draisettenetten cercai un albergo dove alloggiare.
- El profesor es un muy estimado señor ... - esordì il messicano - ... Es un solitario y vive en la sua piccola dimora de montagna. Muchos locos sono stati salvati da el profesor.
- Muchos locos?
- Molti esvitati señor. Pazzi escadenados che querian farla finita con esta vida.
- Maniaci suicidi?
- Depressos, totalmente esvitati.
- E... mi dica qualcosa sul metodo. Si dice che sia davvero singolare.
- Sì señor, estraordinario! Però no puedo dire nada su el metodo del profesor. Nessuno puede dire niente. Nunca el pueblo de esta città parlerà de este argomiento sensa el autorisasion del profesor.
- Ma cos’è un patto?
- Sì señor!
Furono le penultime parole del messicano, per quella mattina. Infatti, dopo aver buttato un’occhiata al vecchio pendolo, filò via come un razzo.
- Perdoneme señor... Tengo que andar! Son las undici pasadas.
Scappò via dall’ingresso principale mentre io restavo sulla sedia per qualche secondo, il tempo di domandarmi cosa aveva potuto interrompere la nostra conversazione in quel modo. Poi corsi alla porta e guardai fuori. Le strade erano deserte, non c’era un solo rumore. Eppure erano solo le undici e dieci del mattino.
Dopo il pranzo e un riposino, verso le quattro lasciai la stanza per recarmi a far visita al professor Kric. Certo, le parole di Chico in un certo senso mi avevano prodotto una sensazione di disagio. Avrei chiesto al professore di parlarmi del suo metodo pur consapevole di quale fosse la riservatezza al riguardo. Beh, almeno riassaporai quel gusto per il mestiere che avevo perduto da tempo, quell’insano coraggio che è alla base del mio lavoro quando si tratta di sana divulgazione; della scienza, della reale verità al servizio dell’uomo. Mi accomodai nel piccolo salotto, piccolo ma confortevole e arredato con gusto. A guidarmi c’era una specie di maggiordomo sui sessanta, elegante nei modi e nell’aspetto. Mi disse di attendere e si allontanò. Non passò molto tempo, forse un paio di minuti, che il professore era già lì, di fronte a me con la mano protesa. Ricordo che fui subito affascinato da quella presenza minuta di ultrasettantenne col viso tutto segnato dal tempo. Lo seguii attentamente mentre trascinava la sua vecchia sedia, dallo scrittoio verso il centro della stanza. Si sedette calandosi con prudenza, poi puntò le mani sui braccioli e si tirò indietro. Mi guardò e sorrise.
- Grombidòn ... - mi disse.
Rimasi di stucco ma come spesso accade non replicai subito, preso com’ero dal dubbio di non aver capito bene. Intanto, l’anziano scienziato, aiutandosi con le mani, accavallò la gamba destra sulla sinistra.
- Grombidòn... - aggiunse.
- Scusi?
- Nulla. Non si preoccupi. Fa parte di un nuovo metodo che sto sperimentando in questi giorni: si comincia col dire una parola senza senso e questo aiuta ad ambientarsi, a stare a proprio agio. Benvenuto nelle semplici trame dei Basilari signore.
- Ah... Grazie professore.
- Lei è la prima persona che osa venire fin qui per intervistarmi.
Io tirai fuori il mio taccuino e la mia penna.
- Non scriva per favore. Questo è contrario alle nostre regole.
- Come vuole lei professore.
- Noi, i Basilari, come saprà, siamo dediti alla terapia contro la depressione nelle varie forme ...
- Come?
- Con l’applicazione del metodo di base, ovviamente...
- Sì, ma qual'è ?
- Per oggi è tutto signore.
E si alzò in piedi tornando a porgermi la mano.
- Però, mi scusi, professore... Io...
- Lo so, lei non è appagato. Per quello, se vorrà prestarsi personalmente, sarò lieto di renderla protagonista del mio trattamento domani. Sveglia alle cinque, attività fino alle dieci, quella che preferisce; poi faccia pure una doccia e mi raggiunga alle undici in punto. Se digiuno, viene meglio. Queste le condizioni!
Annuii e andai.
... Alle undici in punto del giorno dopo ero di nuovo in quella stanza. Il distinto maggiordomo mi aveva fatto sedere e legato polsi e caviglie con delle cinte di cuoio ai braccioli della sedia. Poi mi aveva infilato un paio di occhiali con le lenti tinte di nero. Si allontanò lasciandomi sulla sedia nel silenzio e nel buio totali.
- Grombidòn... - gli dissi.
Ma non sortì risposta.
- Che entrino le basi!
Esclamò deciso il professore. E qualcuno entrò nella stanza. Udii i passi in avvicinamento che dovevano essere quelli del maggiordomo e il cigolio delle ruote di un carrello. Presto tornò il silenzio. Infine, ancora la voce del professore.
- Ora pensi alle esperienze più negative della sua vita, cerchi di raccoglierle insieme e quando glielo dirò, lei me ne parlerà.
La mia mente volò fulminea all’indietro nel tempo e cominciò ad ammucchiare gli imbarazzi e i fallimenti dell’adolescenza. Le delusioni, le turbe, le liti in famiglia, la falsità della scuola...
- Che siano aperti gli scrigni!
Ordinò Kric. E a seguire distinsi il rumore metallico degli scrigni che venivano aperti. Due per la precisione.
- Cominci pure a raccontare signore...
Così iniziai ad esporre le mie disavventure, cercando di mantenere un certo ordine cronologico durante il racconto che supponevo potesse aiutare il professore nell’analisi. Qualcosa però intervenne a turbare la mia fatica verbale. Era l’odore fragrante del pane caldo, doveva essere stato sfornato da poco. Lo sentivo chiaramente, così come sentivo i vapori che mi accarezzavano il viso. Mi resi conto d’essermi distratto e ricercai in tutta fretta la giusta concentrazione, che però non durò molto. Infatti cominciai a distinguere, insieme al profumo del pane, quello assolutamente inconfondibile ed irresistibile della... della mortadella appena tagliata, freschissima.
- Professore! La prego, così è una tortura...!
Rimasi a lungo in attesa di un cenno da parte di qualcuno, divorato da quella fragranza, finchè persi la pazienza. Mi liberai mani e caviglie e tolsi gli occhiali. Nella stanza non c’era più nessuno. Dinanzi a me, sul carrello, i miei occhi scoprirono la divina creatura.
Ho capito molte cose da allora.
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