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venerdì 1 maggio 2020

Il Miracolo di Srepensaiessenuicc (la carne degli angeli)

Quello che accadde a Mafaldo ha ancora oggi dell’incredibile...

Era la notte di Natale, la penultima del secolo. Mafaldo rifletteva su questo punto, riempiendosi il cuore di grande incertezza; già, perché certi grossi pensieri, in fondo, l’alimentano. Figurarsi Mafaldo poi, incerto per eccellenza e, anche timido, remissivo, schivo, troppo generoso e troppo disponibile, fesso per i più pratici; gentile e buono, mai invadente; praticamente fuori luogo. Aveva appena finito di cenare, con i dodici fratelli e i genitori. Famiglia davvero singolare, quella di Mafaldo. Subito dopo la cena si era messo in giro per strada, con la speranza di non incontrare nessuno. Come sempre. Giunto nel vicolo di Srepensaiessenuicc, la sua attenzione fu richiamata da qualcosa, uno strano verso. Come un fischio.

- Fuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii...

- Chi è ? -  Pensò.

- Fuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii...

- Chi è? - Disse.

- Sono io... Il Grillo .

- Sei un grillo parlante?

- Io so anche fischiare.

- Parlante e fischiante? Qui qualcosa non torna... Ma, secondo te, io ci credo? Dai, finiscila stupido! Non è uno scherzo divertente.

- Fuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii...

- Ma dove sei? Non riesco a vederti.

- Sono nascosto qui sotto, sotto la lattina dei pelati. Sii buono, toglimela di dosso!

- Va bene, allora sollevo questa lattina, così lo stupido è contento... Ecco fatto! Oddio!... Ma sei proprio un grillo! Ma che scherzo è questo? - urlò guardandosi intorno; poi, senza riscontri, tornò sull’insetto - Però, sei proprio un bel grilletto!

- Non chiamarmi grilletto per favore, piuttosto ascolta: ci credi ai miracoli?

- Cavolo! Ma sei proprio tu che parli? Qui si mette male. Forse sto delirando...

- Ci credi ai miracoli? Sì o no?

- Beh, diciamo di sì, dai!

- Bene, allora aspetta qui!

Il grillo si allontanò balzellando verso un punto dove c’era un buio pesto.

Mafaldo restò a fissare quel punto per un po’, quindi si passò una mano tra i capelli e gli cadde il cappello che aveva dimenticato di avere. Lo raccolse e lo infilò di nuovo. Infine, si abbandonò in una sorta di monologo mentale:

- Non è possibile! Non c’era vino a cena. Forse sarà stato tutto quel tonno. Dicono che sia pesante da digerire, di sera. Oppure, forse era scaduto. Mamma non guarda mai la scadenza. Glielo dico sempre di fare attenzione al tonno in offerta. Abbiamo mangiato solo quello, al limone. Ah, forse è stato il limone! Effettivamente, era un po’ troppo acidulo. Mah! Oppure quel dattero, ma nooo... Lo abbiamo fatto in quindici parti uguali, erano così piccole! Allora è stata l’acqua del rubinetto, sapeva fortemente di cloro. Oppure il pane. In effetti era un po’ vecchiotto. Forse aveva un po’ di muffa; ho sentito dire che certe muffe sono allucinogene. Sarà stato quello? Mmmm... sta a vedere che tutta questa storia assurda è solo un’allucinazione. Così adesso tiro dentro un bel respiro e mi rimetto in marcia, come se niente fosse mai accaduto. Sì, farò proprio così.

Socchiuse gli occhi, si gonfiò il petto d’aria, la trattenne per quattro o cinque secondi e la tirò fuori tutta, ma proprio tutta, tanto da sentirsi gli abiti abbondanti.

L’iperventilazione gli provocò una leggera vertigine. Barcollò sul posto e riaprì gli occhi. Successivamente li sgranò per quanto gli si presentava di fronte. 

- Cavolo, ci risiamo...

Davanti a sé, sulla base di un vecchio bidone capovolto, c’era un grosso rospo. Veramente grosso.

- Mi chiamo Serena... - esordì la bestiaccia con la voce roca - ... e tu?

- Io sono Mafaldo e ti confesso che sono già abbastanza confuso. Via, dov’è il trucco?

- Nessun trucco. Il grillo è venuto a chiamarmi perché adesso è il mio turno.

- Ma il turno di che?  Posso capirci qualcosa?

- Capirai quando sarà il momento. Ora stai attento a quello che dico. Dieci anni fa, i miei genitori mi condussero da Imelda, una strega titolata che vive in periferia. Questo perché non erano contenti di me.

- Perché? Eri monella?

- No, sono omosessuale. E questo, purtroppo, rappresentava il disonore della famiglia... Così, da bel ragazzo che ero, mi fecero mutare in rospo.

- Bel ragazzo hai detto?

- Hai capito bene. I miei amici  hanno cominciato a chiamarmi Serena quando si sono accorti che in me si celava una donna. Mi andava bene lo stesso. Ma il mio vero nome è Visibilio.

- Porca miseria, che casino!

- A chi lo dici... Insomma, per venire al dunque, devi sapere che quest’incantesimo dura da dieci anni e durerà ancora, fino a quando non avrò ricevuto il bacio di un uomo entro la mezzanotte della vigilia di Natale... Nessuno lo ha fatto finora e, adesso, manca esattamente un’ora alla mezzanotte; oggi è proprio la vigilia di Natale; tu sei un uomo e la prossima volta sarà tra un anno! Uno più uno fa due.

- Tu devi essere matto Visibilio, anzi, devi essere matta Serena o come diavolo vuoi che ti chiami. Io vedo solo un rospo e anche brutto, con tutto rispetto. Ci vorrebbe un bel coraggio per baciare la bestiaccia che sei mentre ho ancora tutta la cena sullo stomaco. Poi, in verità, non mi sento neppure bene, vedi? - e si passò due dita sulla fronte - Sto sudando e qua fuori farà almeno quattro sotto zero... lo sai cosa penso? Che tutta questa strana vicenda mi stia dando alla testa. E lo sai cosa faccio? Me ne vado! Sì, me ne vado via di qui, così finisce anche questa storia assurda.

- No ! Ti prego, non andare! Io non posso dirti di più... sai, è tutta una questione di fiducia. Anzi di fede.

- Adesso non bestemmiare, lurida bestiaccia! Continua pure a seminare le stupidaggini che vuoi, ma non ti permettere di bestemmiare, capito?

- Baciami, per carità! Non ho molti argomenti per convincerti se non la mia storia vera. Abbi fede, ti supplico! Non vorrai che io passi tutta la vita con questo orribile aspetto? Ti prego, fallo per pietà...

- Pietà? Mi stai chiedendo di baciarti amico...baciare un grosso, brutto, viscido rospo omosessuale.

- Ecco, ti pareva! Anche tu come tutti! Cosa importa adesso che io sia omosessuale?

- Beh, invece importa ! Perché... a me piacciono le donne, va bene?

- E te ne freghi di una vita umana solo perché a te piacciono le donne? Mi baceresti se ti dicessi che sono una top model nel fiore degli anni?

- No!

- E allora vada per il grosso e per il brutto, vada pure per il viscido... ma omosessuale non lo usi più per rifiutarmi, intesi?

- Intesi, ma non ti bacio lo stesso.

A quelle ultime parole il rospo non replicò. Guardò in basso, singhiozzò e risollevò lo sguardo. Sugli occhi aveva due lacrimoni abbondanti che, molto lentamente, scivolarono lungo il muso generando uno strano gioco di riflessi. Questo lo rese un po’ meno brutto.

Mafaldo avvertì un pizzico di pietà ma si oppose con vigore all’idea di dover cedere.

- Ti prego...

Sussurrò ancora la bestia che, ora, sembrava velata da un irresistibile alone di tenerezza.

Mafaldo si toccò la fronte sudata. Barcollò e tirò un gran sospiro. Stava male sul serio. Guardò il rospo sul bidone e si accorse che cominciava a vedere sfocato. Questo lo spinse definitivamente a prendere la pia decisione. Trattenne il fiato, afferrò l’animale con determinazione fino a portarlo vicino alla bocca; superò l’ultima tentazione a desistere e sferrò un bacio al rospo con una tale veemenza che quest’ultimo ringraziò Dio quando tornò a respirare. Istantaneamente Mafaldo realizzò tutta la bassezza igienica di quel gesto ed avvertì un irresistibile conato di vomito. Si allontanò di qualche metro, scaricò il suo peso sulle mani ben puntate sul muro e si liberò di tutta la misera cena in un tormento di sforzi inaudito. Alla fine, esausto, crollò al suolo privo di sensi... 

- Mafaldoooo! Ehiii, Mafaldo! Svegliati!

Diceva una voce lontana e accompagnata dal picchiettare di decine di schiaffetti sulle guance.

- Chi è? Cos’è successo? - replicò il povero Mafaldo che tornò ad aprire gli occhi - Sono morto? 

E davanti a lui, pian piano, si compose l’immagine di un bellissimo giovane.

- No, sei ancora vivo, grazie al cielo! Per un pelo. Ce n’è voluta sai? Però hai avuto fede. La tua stessa misericordia ti ha salvato. Vedi, il tonno era scaduto, così come il limone era avariato; nel dattero, in quell’unico dattero, abitavano milioni di batteri letali, nel cloro del rubinetto vi era il sette per cento d’acqua e il pane era zeppo di muffe letali, milioni di spore... Ma ora è tutto a posto. 

Mafaldo, seppure ancora tramortito, balzò in piedi.

- Santo cielo, la mia famiglia! Hanno mangiato anche loro le stesse cose... E’ una strage! Moriranno tutti!

Il bellissimo giovane lo trattenne per la giacca mentre si apprestava a correre via.

- Dove vai? Non serve che tu vada, loro sono già tutti qui; qui intorno, nascosti, che vomitano.

- Cosa?

- Sì, il grillo li ha persuasi a venire e loro sono arrivati proprio mentre mi baciavi. Hanno assistito allibiti a un’autentica schifezza! Non hanno potuto resistere, proprio come te. Si sono liberati della cena, tutti. Tu li hai salvati, Mafaldo.

- Oh, che sollievo, grazie, Visibilio. È così che ti chiami, no?

- No, quello è solo il nomignolo in uso tra i miei “colleghi”. Il mio vero nome è Peter e oggi avevo il compito di convincerti che alcune cose non vanno bene a causa dell’avidità, del pregiudizio e altre distorsioni. Ci vuole fede giovanotto, nel Dio che ti pare e che ti esorto ad immaginare allegro, sorridente e divertente, ma ci vuole fede. Ora devo andare.

Così dicendo, Peter aprì due ali enormi e Mafaldo quasi sveniva di nuovo dall’emozione.

- No, un momento! Ma tu sei un... allora gli angeli esisitono davvero!?...

- Io e te non ci siamo mai visti, eppure ci vediamo ogni giorno nella pace della materia, in questo sonno ingegnoso e attivissimo, in questa dinamica interiore, in questo salterio. E voi, caro Mafaldo, così inconsapevolmente ricchi e così poveri, talmente poveri che non dovete più neanche comprare la morte, perchè la vita ve la regala. E noi, tra queste lotte, tra queste orrende stagioni di sangue, di morte e di pace, qui viviamo... noi, unici grandi stratagemmi di Dio.  

- Ascolta! Tu conosci Dio?... Parlami di Lui, ti prego!

L’angelo sorrise e cominciò a muovere le ali staccandosi dalla stradina e prendendo a salire lentamente.

- Dio hai detto?

Mafaldo annuì.

- Quando racconterai questa storia nessuno ti crederà, neanche i tuoi stessi familiari, eppure tu li hai salvati. Tu conosci qualcuno capace di generare la salvezza dalle trame più incredibili?

E Mafaldo disse di no, muovendo la testa.

- Un miracolo è sempre così. Sempre! È incredibile. Solo un grande artista ci riesce. Il più grande artista.

E volò via. Fino a sparire.

Mafaldo restò interdetto per qualche secondo, poi ebbe una strana reazione, proprio mentre i dodici fratelli e i genitori ricomparivano qua e là, ognuno col fazzoletto sulla bocca. Mafaldo scoppiò a ridere. Un’irrefrenabile risata di soddisfazione. Rideva a crepapelle anche quando i familiari cominciarono a prenderlo a calci e a pugni.

- Ah ah ah ah ah... Io vi ho salvatiiiiii! Sono feliceeee!... Vi ho salvati tutti!... Ah ah ah ah ah ...!

E gli altri.

- Schifoso depravato!

- E’ questa l’educazione che ti abbiamo insegnato?

- Porco!

- Degenerato!

- Rospofilo!

E così via, fino al ricovero in ospedale per le lesioni multiple.

                                                                   ...

Questa è la storia che, ancora oggi, Mafaldo racconta al primario strizzacervelli dell’ospedale psichiatrico Pio Pio, che ha per emblema un pulcino. E ride sempre, prima, durante e dopo il racconto. E ogni volta, in cambio, riceve alcune pasticchine colorate.

E ancora, recentemente, si è sparsa la notizia del prossimo arrivo di un nuovo primario, in sostituzione del vecchio che va in pensione. Si dice, nell’incredulità generale, che si tratti di un bellissimo giovane con un nomignolo davvero singolare. Si avvicina l’ultimo Natale del secolo e nel cortile della clinica si diffonde la consueta risata convinta, di cuore e più forte che mai. Sempre più forte.

                                                                                                                     ad Alda Merini

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