Nella città di Darkmundenunden le persone intelligenti erano pochissime,
quelle buone si contavano sulle dita di una mano e quelle cattive erano davvero
molte.
Tra i più buoni di ogni tempo si ricordano, in particolare, tre ragazzi.
Due di questi sono scomparsi che erano ancora adolescenti e mai più ritrovati.
Qualcuno, ancora oggi, dice che si trovino oltreoceano, fuggiti per la
disperazione: Pina e Pippo. Del terzo, comunque legato ai suddetti, raccontiamo
la triste storia.
... Molti anni prima ...
Non era il più intelligente della città ma sicuramente era il più buono di
tutti. Eppure...
Si chiamava Giusemme, a causa di un piccolo difetto di pronunzia che suo
padre, Mietro, aveva ereditato dal vecchio nonno Masquale e che,
sfortunatamente, anche lui aveva ricevuto in eredità. Così, Giusemme era cresciuto tra mille difficoltà: deriso dagli amici in
infanzia, rifiutato dalle donne poi e molto altro. Era la solitudine la sua
migliore amica, per quanto, quotidianamente, alimentasse un proprio sogno
segreto: desiderava, più di ogni altra cosa, diventare amico di un paio di
persone che gli piacevano tantissimo. Giusemme nutriva una particolare, intima
simpatia per Pina, fanciulla bellissima e molto dolce. E anche per Pippo, un vero
e proprio simpaticone del quale sarebbe divenuto amico molto volentieri. La
suddetta coppia, generalmente, frequentava una numerosa comitiva di ragazzi tra
cui, ahimé, si distinguevano per antipatia, Mina la formosa e Mimmo il manesco.
Il buon Giusemme era lacerato da un dubbio quotidiano che non gli dava
pace, da sempre. Pina e Pippo, alla sua vista, tendevano ad evitarne il
contatto e, nella peggiore delle ipotesi, fuggivano via terrorizzati. Di questa
cosa Giusemme non comprendeva la ragione. Erano due bravissimi figlioli, perchè
quell’atteggiamento nei suoi confronti? Inoltre, anche lui, non era considerato
da meno. E allora, perchè? Così, il nostro buon ragazzo fu costretto a mettere in atto stratagemmi;
progettava delle imboscate per tentare l’approccio e contenere la consuete,
inspiegabili fughe cautelative degli amici sperati. Perciò, si nascondeva tra
le siepi e ne attendeva il passaggio. Il fatto è che Pina e Pippo si spostavano sempre insieme al citato gruppo
di amici e, quando questo muoveva da una parte all’altra della città, il povero
Giusemme saltava fuori dal nascondiglio rivelandosi a tutti, poi salutava i
suoi preferiti tentando di trattenerli, a modo suo:
- Ciao Mina. Ti prego, non fuggire!
Ma, in tal modo, finiva sempre col richiamare l’attenzione della volgare,
formosa e antipatica ragazza, la vera Mina che, spaventata per quel gesto e
ritenendosi presa in giro, ogni volta mollava un calcione sullo stinco dello
sventurato Giusemme il quale, seppure accecato dal dolore, tentava tuttavia di
approcciare anche col simpatico Pippo.
- Ciao Mimmo. Non scappare! Non aver paura!
Diceva balzellando su una sola gamba mentre, con una mano, si teneva
l’altra dolorante.
E pure quest’ultimo, cioè il vero Mimmo detto il manesco, ritenendolo un gesto
di sfida, lo gonfiava di botte. C’è da aggiungere inoltre che, durante il
consueto pestaggio, pensando di fare cosa opportuna, il povero ragazzo
implorava alla volta del cattivo:
- Mimmo merdòna! Merdòna!...
Figuriamoci l’altro.
E così, puntualmente, Giusemme vedeva Pina e Pippo allontanarsi di corsa e
non capiva. Come anche perché non avessero preso le sue difese neppure una sola
volta. Eppure, si sarebbe accontentato di un solo briciolo di attenzione da parte
dei suoi coetanei preferiti, Pina e Pippo. Erano anni che tentava, invano. A completare la cosa, infine, c’era il ritorno serale a casa, quando il
padre di Giusemme, Mietro, riconosciuto suo figlio massacrato dalle botte,
puntualmente, gli domandava:
- Ancora? Chi ti ha ridotto così?
- Mina e Mimmo!
Rispondeva ogni volta lo sciagurato.
E così, Mietro, consapevole del difetto di pronunzia del figliolo e
dell’incomprensibile passione per i due ragazzi, si recava nella dimora di Pina
e quindi in quella di Pippo. Lì, riferiva ai rispettivi genitori di quanta
maleducazione e vandalismo criminale praticassero i propri figli quando erano
in strada.
- Mi dismiace mresentarmi di nuovo, ma i vostri figli non sono mer niente
educati! Sembra non abbiano un mamà e una mamma! Con un ragazzo così buono e
innocente! Ma com’è mossibile? E’ come smarare sulla Crocerossa! Mrima o moi li
denuncio alla molizìa! Lo giuro sull’anima di mio madre e mia madre lassù in
Maradiso! Lo faccio mer davvero! Lo giuro!
Lamentava Mietro.
E gli altri, i genitori di Pina e quelli di Pippo, rispettivamente turbati
da tutta quella incredibile e incomprensibile violenza gratuita, sfogavano
tutta la rabbia sui propri figli a suon di sberle davvero pesanti.
- Ma come ti viene in mente? Se proprio non ce la fai, evitalo! La prossima
volta ti porto da uno specialista! Tu non sei normale!
Urlava il padre di Pina mentre la gonfiava di botte.
- Ma che ti è preso? Stai diventando un killer! Se ci riprovi ti ammazzo
con le mie mani! Tu non ti devi nemmeno avvicinare a quel povero ragazzo!
Ordinava il padre di Pippo mentre lo teneva per la gola come se volesse
strangolarlo.
I due sciagurati avevano pure tentato di spiegarsi in precedenza, ma questo
aveva prodotto solo un aumento della rabbia dei genitori ormai sfiduciati. E ogni volta che questo accadeva, i poveri Pippo e Pina, andavano a letto
malconci e turbati, senza coscienza alcuna del perchè di tanto immotivato odio
da parte di Giusemme, il calunniatore. Quel ragazzo solitario che, durante il
giorno, non faceva altro che aspettare il momento propizio per scatenare l’ira
dei più violenti della comitiva, Mina e Mimmo, farsi pestare di botte e,
infine, incolpare loro. Pina e Pippo non capirono mai e, un bel giorno, decisero di fuggire via
insieme. Da quello stesso giorno, Giusemme non ebbe più interessi particolari per
nessuno, condusse un’esistenza solitaria ma, finalmente, senza lividi e ferite.
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