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venerdì 22 maggio 2020

Caso e caos a Darkmundenunden (ovvero dei destini)

Nella città di Darkmundenunden le persone intelligenti erano pochissime, quelle buone si contavano sulle dita di una mano e quelle cattive erano davvero molte.

Tra i più buoni di ogni tempo si ricordano, in particolare, tre ragazzi. Due di questi sono scomparsi che erano ancora adolescenti e mai più ritrovati. Qualcuno, ancora oggi, dice che si trovino oltreoceano, fuggiti per la disperazione: Pina e Pippo. Del terzo, comunque legato ai suddetti, raccontiamo la triste storia. 

... Molti anni prima ...

Non era il più intelligente della città ma sicuramente era il più buono di tutti. Eppure...

Si chiamava Giusemme, a causa di un piccolo difetto di pronunzia che suo padre, Mietro, aveva ereditato dal vecchio nonno Masquale e che, sfortunatamente, anche lui aveva ricevuto in eredità. Così, Giusemme era cresciuto tra mille difficoltà: deriso dagli amici in infanzia, rifiutato dalle donne poi e molto altro. Era la solitudine la sua migliore amica, per quanto, quotidianamente, alimentasse un proprio sogno segreto: desiderava, più di ogni altra cosa, diventare amico di un paio di persone che gli piacevano tantissimo. Giusemme nutriva una particolare, intima simpatia per Pina, fanciulla bellissima e molto dolce. E anche per Pippo, un vero e proprio simpaticone del quale sarebbe divenuto amico molto volentieri. La suddetta coppia, generalmente, frequentava una numerosa comitiva di ragazzi tra cui, ahimé, si distinguevano per antipatia, Mina la formosa e Mimmo il manesco. Il buon Giusemme era lacerato da un dubbio quotidiano che non gli dava pace, da sempre. Pina e Pippo, alla sua vista, tendevano ad evitarne il contatto e, nella peggiore delle ipotesi, fuggivano via terrorizzati. Di questa cosa Giusemme non comprendeva la ragione. Erano due bravissimi figlioli, perchè quell’atteggiamento nei suoi confronti? Inoltre, anche lui, non era considerato da meno. E allora, perchè? Così, il nostro buon ragazzo fu costretto a mettere in atto stratagemmi; progettava delle imboscate per tentare l’approccio e contenere la consuete, inspiegabili fughe cautelative degli amici sperati. Perciò, si nascondeva tra le siepi e ne attendeva il passaggio.  Il fatto è che Pina e Pippo si spostavano sempre insieme al citato gruppo di amici e, quando questo muoveva da una parte all’altra della città, il povero Giusemme saltava fuori dal nascondiglio rivelandosi a tutti, poi salutava i suoi preferiti tentando di trattenerli, a modo suo:

- Ciao Mina. Ti prego, non fuggire!

Ma, in tal modo, finiva sempre col richiamare l’attenzione della volgare, formosa e antipatica ragazza, la vera Mina che, spaventata per quel gesto e ritenendosi presa in giro, ogni volta mollava un calcione sullo stinco dello sventurato Giusemme il quale, seppure accecato dal dolore, tentava tuttavia di approcciare anche col simpatico Pippo. 

- Ciao Mimmo. Non scappare! Non aver paura!

Diceva balzellando su una sola gamba mentre, con una mano, si teneva l’altra dolorante.

E pure quest’ultimo, cioè il vero Mimmo detto il manesco, ritenendolo un gesto di sfida, lo gonfiava di botte. C’è da aggiungere inoltre che, durante il consueto pestaggio, pensando di fare cosa opportuna, il povero ragazzo implorava alla volta del cattivo:

- Mimmo merdòna! Merdòna!...

Figuriamoci l’altro.

E così, puntualmente, Giusemme vedeva Pina e Pippo allontanarsi di corsa e non capiva. Come anche perché non avessero preso le sue difese neppure una sola volta. Eppure, si sarebbe accontentato di un solo briciolo di attenzione da parte dei suoi coetanei preferiti, Pina e Pippo. Erano anni che tentava, invano. A completare la cosa, infine, c’era il ritorno serale a casa, quando il padre di Giusemme, Mietro, riconosciuto suo figlio massacrato dalle botte, puntualmente, gli domandava:

- Ancora? Chi ti ha ridotto così?

- Mina e Mimmo!

Rispondeva ogni volta lo sciagurato.

E così, Mietro, consapevole del difetto di pronunzia del figliolo e dell’incomprensibile passione per i due ragazzi, si recava nella dimora di Pina e quindi in quella di Pippo. Lì, riferiva ai rispettivi genitori di quanta maleducazione e vandalismo criminale praticassero i propri figli quando erano in strada.

- Mi dismiace mresentarmi di nuovo, ma i vostri figli non sono mer niente educati! Sembra non abbiano un mamà e una mamma! Con un ragazzo così buono e innocente! Ma com’è mossibile? E’ come smarare sulla Crocerossa! Mrima o moi li denuncio alla molizìa! Lo giuro sull’anima di mio madre e mia madre lassù in Maradiso! Lo faccio mer davvero! Lo giuro!

Lamentava  Mietro.

E gli altri, i genitori di Pina e quelli di Pippo, rispettivamente turbati da tutta quella incredibile e incomprensibile violenza gratuita, sfogavano tutta la rabbia sui propri figli a suon di sberle davvero pesanti.

- Ma come ti viene in mente? Se proprio non ce la fai, evitalo! La prossima volta ti porto da uno specialista! Tu non sei normale!

Urlava il padre di Pina mentre la gonfiava di botte.

- Ma che ti è preso? Stai diventando un killer! Se ci riprovi ti ammazzo con le mie mani! Tu non ti devi nemmeno avvicinare a quel povero ragazzo!

Ordinava il padre di Pippo mentre lo teneva per la gola come se volesse strangolarlo.

I due sciagurati avevano pure tentato di spiegarsi in precedenza, ma questo aveva prodotto solo un aumento della rabbia dei genitori ormai sfiduciati. E ogni volta che questo accadeva, i poveri Pippo e Pina, andavano a letto malconci e turbati, senza coscienza alcuna del perchè di tanto immotivato odio da parte di Giusemme, il calunniatore. Quel ragazzo solitario che, durante il giorno, non faceva altro che aspettare il momento propizio per scatenare l’ira dei più violenti della comitiva, Mina e Mimmo, farsi pestare di botte e, infine, incolpare loro. Pina e Pippo non capirono mai e, un bel giorno, decisero di fuggire via insieme. Da quello stesso giorno, Giusemme non ebbe più interessi particolari per nessuno, condusse un’esistenza solitaria ma, finalmente, senza lividi e ferite.

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