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sabato 9 maggio 2020

Un colpo all’ufficio postale (burp fiction)

Nel piccolo villaggio di Ctit, uno sconosciuto armato di pistola a tamburo calibro nove e con il viso coperto da due passamontagna, uno sull’altro, fa irruzione nell’ufficio postale in cui sostano, in quel preciso momento, sette persone e l’impiegato Inclemente Spleppletti, figlio di Infausto Spleppletti, già blasonato “capoposta” di quel luogo.

- Fermi tutti o vi faccio secchi! Mani in alto e bene in vista! Questa è una rapina a mano armata, poiché come potete vedere la mia mano è…?...

Tira a sé uno dei malcapitati presenti stringendogli un braccio intorno al collo e puntandogli la pistola su una guancia.

- … Com’è la mia mano?

- Armata… Sì, armata, signore.

Lo allontana strattonandolo e spingendolo con molta energia.

- E adesso fuori la grana!  -rivolto al suddetto impiegato.

- La prego di stare calmo, signor…

- Presto! Fuori i soldi o ti buco la fronte!

- Non si agiti per favore, farò come dice lei, signor…

- Basta!

E gli punta la pistola fra gli occhi.

- Lei ha una pistola a tamburo!

- Senta, io non so dove vuole arrivare e comunque non mi diverto, quindi, poche chiacchiere e fuori i soldi!

- Benissimo! Come desidera, signor…

Il rapinatore sbotta furiosamente incalzando l’impiegato.

- E dimmelo tu il tuo nome idiota! Sappi che quando io do del “tu”, vuol dire che sono incazzato nero! Me lo dici tu il tuo nome?

- Inclemente!

- Ohh… Che paura! Credi di farmi paura o di offendermi con una parola così? Potevi almeno darmi del birichino a questo punto, non credi? Molto più “hard” come situazione, no?...

- Sì, ma “io” sono Inclemente!

- Ah!… Senti senti, dimmi se ho capito bene, eh? Adesso vorresti darmi a bere che non stavi mancando di rispetto a me e che addirittura rimproveravi te stesso. È così?…

- Signore, mi ascolti: Io, sono Inclemente. E non vuol dire altro che questo, cioè che io sono Inclemente. Capisce adesso? Per favore, mi dia del “lei”!

- Non è così semplice, e poi quella parola mi infastidisce tantissimo! Io cosa dovrei fare secondo... lei? E secondo voi altri? Qualcuno me lo dice, prima che mi venga voglia di rompergli la testa a quest’imbecille? Lei non mi fai paura! Aaaaah! Lo vedi che mi fa dire i verbi sbagliati? 

- Ritenti con più calma, signore, per cortesia...

- Mmmm... Lei... non... mi ... fa ... paura ... clemente o inclemente che sia.

- Inclemente signore. Inclemente.

- Ora ti sparooooo!

Una signora, tra gli altri, irrompe urlando.

- Noooooo!

Il rapinatore la punta di scatto e lei replica.

- Non mi faccia questo, signor criminale! La prego! Io morirei alla sola vista del sangue.

- Ah sì? Ma guarda tu cosa doveva capitarmi oggi! E cosa posso fare per venirle incontro, signora?

- Per esempio, permettermi di voltarmi quando gli spara.

- Ma non ha senso - asserisce un tipo elegante e distinto.

- E perché?- aggiunge la donna.

- Beh, se il qui presente, signor…

- John John John John… Porca vacca!… Mi arrendo. Il mio nome è John John John John. Ma questo non vuol dire che io non possa farvi secchi tutti quanti! Chiaroooo...!

Conclude il rapinatore alimentando di nuovo attimi di dura tensione.

- Lei!...

Rivolgendosi ancora al distinto signore.

- … Risponda alla domanda della signora! E lei, signora, per correttezza, ripeta la sua domanda.

- E perché?

- Ma perché lo dico io, signora! Non mi faccia perdere la pazienza di nuovo!

- Ma no!…

Esordisce una donna anziana, la più anziana del gruppo.

- … Signor John John John …

E questi di rimando.

- John John John John, se non le dispiace, vecchia smemorata! C’è un motivo per cui  non mi chiamo John né John John e neppure John John John, capisce? Mio padre mi ha chiamato John John John John proprio per distinguermi dai milioni di John, dalle centinaia di migliaia di John John e dalle maledettissime migliaia di John John John. Porca zozza! Il mio nome è John John John John!

- Mi scusi signor… John John John John. Mi dispiace…

- Va bene, basta così! Ora vada avanti.

- Credo che la signora non le abbia chiesto il perché della sua azione… Sua nel senso di “sua”, signor John John John John… la signora ha soltanto ripetuto la domanda che lei aveva chiesto di ripetere.

- Mmmmm… non è limpido ma si può ritentare … allora, la ripeta di nuovo!

Rivolto alla signora della domanda che, immediatamente, ripropone:

- E perché?

Il malvivente incupisce e le si scaglia contro colpendola con un duro pugno allo stomaco. La signora cade sulle ginocchia e senza fiato.

- Vede? Soddisfatta adesso?

Ribadisce all’anziana donna.

- Si prendeva gioco di me! Ne sono certo! Altro che chiacchiere! E io le sparo!

Prende la mira e…

- Noooooo…!

Urlano tutti i presenti in un coro allarmato. Il malvivente sobbalza e gli parte un colpo che infrange una vetrata. Tutti si tuffano a terra, escluso il dipendente che sosta dietro la cassa, senza batter ciglio.

- Maledetti!… Avete visto cosa mi avete fatto fare? Io vi ammazzo tuttiiiiii… tuttiiiii... come porci!

Intanto la signora del pugno allo stomaco si riprende e si alza in piedi.

- Come va, signora?

- Non c’è male, signor John …

A questo punto la vecchia signora, da terra, inizia a suggerire col labiale la corretta sequenza dei rimanenti “John” e mostra, una per una, anche le dita della mano.

- … John… John… John. La ringrazio molto per non avermi sparato.

- Fa niente. Non mi prenda più in giro però. Poteva farne un’altra di domanda, no?… Io non vorrei farvi del male… Comunque, a questo punto, credo che sia corretto presentarsi… Tutti in piedi!

E gli altri eseguono. Il malvivente si rivolge per primo al distinto signore.

- Lei! Dica quello che deve dire e poi il suo nome.

- Io volevo semplicemente chiarire che… ma ormai ne è passato di tempo! Non sarebbe più la stessa cosa…

- Come? Dica quello che deve dire! Ma che siete davvero un branco di deficienti? Parliiiiii…!

- Sì… Subito… Se lei sparasse al cassiere da così vicino, il sangue schizzerebbe dappertutto e la signora dovrebbe rimanere voltata per tutto il tempo che resterà tra il momento della morte del cassiere e la sua fuga dopo la rapina, signor John John John John. La mia domanda è: come potrebbe resistere la signora rivolta verso il metro quadrato di muro rimasto pulito dal sangue per tutto questo tempo? La trova forse fuori luogo, signor John John John John?

- Ma non dica sciocchezze! Il tuo nome, dica il tuo nome! Maledizione! Sbaglio ancora i verbi! Lo capisci che mi fai perdere la pazienza? Fuori questo nomeeee!

- Sì, capito! Subito, chiedo scusa e la prego di darmi del “lei”. Prima del nome però, mi conceda di concludere aggiungendo che, forse, sarebbe meglio impiccarlo il cassiere. Ovviamente senza che lei me ne voglia, signor…

Rivolgendosi al cassiere.

- Inclemente, signore. Vale anche per lei.

- Eccolo che ricomincia!… - riprende il malvivente - … signora lei può anche voltarsi verso il muro che io ora quello là lo faccio secco!

E si avvia verso la cassa.

- Ripeti ancora quella parola e io ti faccio saltare le cervella! Ripeti, se hai fegato! Fallo adesso, vigliacco!

- Quella parola, signore, non è solo una parola. Quella parola è il mio nome, signore. Io sono Inclemente nel senso che mi chiamo Inclemente. Chiaro adesso? Torni a darmi del “lei”, la prego...

- Tu... Lei si chiama così?…

- Esattamente.

- Avete sentito tutti?

E tutti annuiscono.

- Che cavolo di nome è Inclemente?

- Se lei potesse solo puntarmi, tanto per dire, la pistola al petto anziché sul naso, io riuscirei sicuramente a raccontare la storia del mio nome, signore, con molta meno apprensione.

Il delinquente lo asseconda.

- Mi chiamo così perché il peggior nemico di mio padre si chiamava Clemente.

E tutti gli altri insieme:

- Ohhhhh…

- “Mi suggerisca lei! - così mio padre esortò l’impiegato dell’anagrafe - potrei chiamarlo in tutti i modi tranne che Clemente”. E allora l’impiegato, diciamo, esagerò un poco e propose un nome opposto a Clemente, per l’appunto, Inclemente. È così che andò.

- Mi scusi tanto, signor cassiere…

In tal modo, si affaccia la curiosità di un uomo bassino e occhialuto mai intervenuto prima nella conversazione.

- … Chiedo scusa, signor John John John John, ma devo proprio fare una domanda al cassiere.

- Faccia pure, ma in fretta.

- Grazie, - e si rivolge al cassiere -  posso conoscere il nome del suo papà, sperando che questi ancora si conservi in ottima salute?

- Infausto. Infausto Spleppletti. E un tale Fausto, ovviamente, era il peggior nemico di mio nonno.

- Lo immaginavo! Lei è il figlio di Infausto Spleppletti. Ma pensa tu! Com’è piccolo il mondo! Mi ricordo di lei da quando era alto così.

E indica l’altezza attuale del cassiere portandogli la mano sulla fronte.

- Ma lui è alto così anche adesso!

- Sono sempre stato alto così, signora.

Rivolto ad una donna nuova nella conversazione.

- Dio mio, che orrore!

Aggiunge lei.

- Non sia scortese madame! In tal modo io non lo sarò con lei.

- Non dica troppe balle, amico!…

Riprende finalmente il rapinatore seccato.

- Cosa sarebbe quest’altra storia adesso?

- È la verità signore. Io sono sempre stato alto così.

E l’uomo bassino comincia a ridacchiare sotto i baffi. La cosa urta i nervi del malvivente.

- E tu cos’hai da ridere? Ehi, dico a te!

E punta la pistola. L’uomo si ricompone.

- Allora?

- Mmmm… capisco che sembri strano… ma lui… ih ih ih …

E ricomincia a ridere. 

- Falla finita con quella risata o ti ammazzo, imbecille!

- Mi dispiace… è più forte di me… noto anche che ora mi dà del “tu”, ma è proprio più forte di me... chiedo scusa… ih ih ih…

- Ora lo ammazzooo…!

E tutti in coro.

- Noooo!

E il delinquente sobbalza, provocando di nuovo la partenza di un colpo involontario che infrange un’altra vetrata. Contemporaneamente le sirene della polizia in avvicinamento, le frenate, il trambusto e una voce al megafono catturano l’attenzione generale.

- (Megafono dall’esterno) So che sei là dentro! Arrenditi e non succederà niente!

- Dio sia lodato!- interviene il penultimo dei presenti, un parroco.

- Sempre!

Aggiunge una suora. L’ultima a parlare, per il momento.

- Non cantate vittoria troppo presto, santa coppia di pinguini!

Ribatte il rapinatore mentre si affaccia furtivamente da una finestra per spiare.

- (Megafono) Sei circondato! Arrenditi! Non hai scampo!

- No! Non siete voi a dettare le regole qui! Quindi statevene buoni e aspettate che io vi dica le mie condizioni, chiaro? Vi preannuncio che per ogni cinque minuti di ritardo sulla messa in pratica della richiesta, farò saltare la testa a uno di questi imbecilli che sono qui con me!

- (Megafono) E quali sarebbero queste richieste, signor …John John John John John?

Il malvivente impallidisce di colpo tra gli sguardi interrogativi e sospettosi dei presenti. Comincia a indietreggiare. Qualcosa lo ha molto turbato. Si appoggia stancamente, a “fine corsa”, sulla parete opposta. Respira con evidente affanno.

- Cazzo! Mi hanno riconosciuto!

Balbetta infine con un filo di voce. Poi si rivolge agli altri.

- Beh, pensavate davvero che avrei rivelato il mio vero nome? Cosa avete da guardare? Giù gli occhi bastardi! Occhi a terra!

E, inaspettatamente, scoppia a piangere.

- (Megafono) Hai di nuovo raccontato tutte quelle stronzate sul tuo nome e su tuo padre, John John John John John?

Il malvivente scuote la testa in preda al panico, sta per cedere a una crisi isterica.

- (Megafono) … Racconta invece quali siano i fatti reali, signor... John John John John John. Quelli veri, John John John John John…

La tensione cresce.

- (Megafono) Racconta a quei signori quale fu la reale posizione di tuo padre nella vicenda del nome!…

- Lasciate in pace mio padre, maledetti! Bastardiiii!!!

E spara tre colpi dalla finestra.

- (Voci da fuori) Giù! A terra! Attenti alla finestra! Non sparate! Non rispondete al fuoco!

- Maledettiii... maledetti!…

Il parroco si avvicina lentamente, mentre il delinquente, che ha ripreso a piagnucolare per la crisi di nervi, gli va incontro.

- Padre, io vi ho mentito. Mi assolva!

- Certo, confessati figliolo, confessati e pentiti…

- Qui? Davanti a tutti, padre?

- Beh, e loro dove li mettiamo?

- Va bene, va bene… Fa niente, ascolteranno con lei, padre.

- (Megafono) Ehi, tutti vivi là dentro?

Il malvivente s’inquieta di nuovo, ma stavolta il parroco lo anticipa alla finestra.

- Ehiii, a voi! Sono il parroco del paese e qui dentro abbiamo bisogno di un po’ di pace, d’accordo?

- (Megafono) Va bene, padre… Ci faccia sapere lei!

- Bene, è tutto a posto... ora affidati, figliolo…

- Quattro, padre, ne sarebbero bastati quattro…

- Quattro cosa, figliolo?

- Ma è ovvio, padre, - interferisce l’anziana del gruppo - quattro “John” anziché cinque, voleva intendere sicuramente questo.

- Sì padre, ha ragione la vecchia.

- Ma io vorrei sentirlo da te, figliolo…

- Occhei, ma intanto lo ha già detto lei.

- Per questa volta passi, solo per questa volta. Vai pure avanti...

- Confesso… padre, confesso che ho provato a fare diverse rapine. Tutte andate a male, padre. Questa compresa. Anche qui, la solita storia. Cerchi di mischiare un po’ le carte, come un vero professionista e, invece… ti beccano lo stesso.

La suora cede per un istante alla curiosità personale.

- Ma dica di suo padre, figliolo, ci dica!

Il parroco la riprende.

- Ma sorella!

- Scusami, fratello.

- Ma padre, perché lei la chiama fratello?

S’inserisce l’uomo distinto.

- Ma perché lei è mia sorella.

- E lui, mio fratello.

Completa la suora.

- Ma pensa che storia!…- aggiunge la donna del pugno.

L’omino riprende a ridere, mentre l’altra donna, sottovoce, rivolta alla più vecchia:

- Ma lei ci crede che il cassiere sia sempre stato alto così?

- Io sì.

- Anch’io...

Aggiunge la donna del pugno e prosegue.

- ... e scusatemi se… ma io non ho potuto fare a meno di ascoltare la domanda della signora e …

- Tutti!...

Irrompe il delinquente.

- ... Tutti abbiamo ascoltato la domanda della signora, per giove! Io sto cercando di confessarmi! Comunque... e adesso dico a lei, - indicando l’uomo distinto - le rammento che ancora non ci onora del suo nome, signore!

- Ah, già, chiedo scusa ma io ho sperato fino alla fine che… Io ho sperato e ora, invece, sono davvero afflitto e …

E scoppia a piangere.

- Cazzo che giornata!

Riprende il rapinatore.

- Ehi! Ma ti stai confessando!

- Oh, scusi padre, ma…

Intanto l’uomo distinto si rivolge al parroco.

- Mi assolva padre! Assolva anche me! Io ho peccato di presunzione.

- Va bene. Ego te absolvo…

- No!

Riprende la donna.

- Non è giusto! Prima di tutto perchè s’intromette e poi, non ci ha detto il peccato!

- Ha ragione sorella, - aggiunge la suora - a questo punto è più che giusto!

- Ma certo che è giusto! Se vuole essere assolto, prima chieda scusa e poi tiri fuori il rospo!

Conclude il rapinatore.

- Bene, mi scuso per essermi intromesso... io sono…

Il megafono, da fuori, interrompe la conversazione.

- (Megafono) Tutto bene, padre?

Un coro di lamenti è la prima reazione. Un coro deciso e convinto è la risposta.

- (Tutti) Tutto beneee!

Nell’ufficio ritorna la giusta concentrazione. Poi riprende la suora.

- Non dimentichiamoci della storia di suo padre e del nome mancante.

- E neppure dell’altezza costante del cassiere.

Aggiunge la vecchia signora.

- Inclemente, se non le dispiace, senile signora.

- Mi scusi, Inclemente.

- Io non ho prove a riguardo. Lo dico a tutti. Credere o no! Il signore qui presente mi è stato testimone in passato. Io sono sempre stato alto così. Punto e basta.

Il piccolo tizio si rimette a ridere e conferma.

- È vero! Ih ih ih… è vero, ih ih ih… io conoscevo Infausto, suo padre… Lo posso ben dire!

ll parroco al malvivente.

- Va bene, ma passiamo a tuo padre adesso.

- Come vuole… Mio padre era... Clemente Moltinecchia. Il nemico numero uno di Infausto Spleppletti…

- (Tutti insieme) Che cosa?

- Lo sospettavo! - aggiunge il cassiere, mentre il rapinatore continua la narrazione.

- Fu proprio lui, Infausto, a prendersi gioco di mio padre. Tutti si prendevano gioco di quell’uomo così buono ed ingenuo… (singhiozzi).

Il parroco incalza.

- Confessati fratello! Parla!

- … Maledetti!… Tutti lo hanno preso in giro… sempre… “smidollato”, idiota”, “imbecille”… così lo chiamavano… tutti… Maledettiiiii!...

- Non inveire fratello! Pentiti piuttosto!

- Loro dovrebbero pentirsi!  Meglio se lo facevo secco quel verme! - indicando il cassiere - Il figlio della rovina del mio papà e anche della mia. Fu lui, suo padre, a portarmi all’anagrafe quel giorno. Mio padre doveva lavorare e gli disse: “che si chiami John John John John, mi raccomando, quattro volte, non una di più”. Questo disse il mio povero papà e quello, invece… che bastardo! Così, da originale, il mio nome è diventato quello di un deficiente… (Singhiozzi).

- Mi è venuta un’idea!

Interrompe l’anziana donna.

- Che idea?

Domandano all’unisono tutti gli altri.

- Si faccia portare dell’acqua benedetta e lo ribattezzi, padre.

- Ma che sta dicendo?

Fa il parroco.

- Sì, così togliamo un “John” e lo rendiamo felice questo ragazzo.

Conclude l’anziana.

- Io ho dell’acqua. Solo che c’è un problemino…

- E quale sarebbe il problemino, signor Inclemente?

Aggiunge l’anziana.

- È acqua minerale.

- Frizzante?

Domanda la suora.

- Naturale!

Replica il cassiere.

- Beh, purché non sia frizzante.

- Ma è frizzante.

- E allora perché mi ha detto che è naturale? Vuole forse proporsi in questo lunghissimo tormentone ritrito d’altri tempi?

- No, veramente dicevo che è naturale che sia frizzante la mia acqua minerale, senza alludere a nessun tormentone o altro. È acqua frizzante! Punto.

- E allora niente da fare!

Conclude perentoriamente il prete, con inatteso cipiglio. Mentre gli altri, a turno, cominciano a supplicarlo.

- Suvvìa padre!

- Facciamo qualcosa per quest’anima!

- Basterebbe così poco!

- Sia buono, padre, per carità…

- La prego, padre, faccia qualcosa…

Il parroco si raccoglie in posa di preghiera. Poi ordina:

- Portatemi delle bende!

- E dove le andiamo a prendere le bende, padre?

Osserva l’anziana signora.

- Ho detto bende?

- Sì, hai detto proprio così, fratello…

Conclude la suora.

- Allora, credo proprio che mi stia tornando, sorella…

- Oh no! Signore no! Adesso no!

- Mi torna sorella, mi torna…

E si raccoglie ancora nella medesima posa.

- Ma cosa gli torna, sorella? Cosa?

Domanda la donna del pugno.

- Che cosa, sorella?

- Cosa sta dicendo?

Aggiungono man mano tutti gli altri.

- Niente di grave… Mio fratello soffre di depressione e sta per avere una crisi.

- E’ un prete depresso?

Domanda l’ultima delle donne.

- Sì.

Ribadisce la suora.

- Lei è fortunato allora! - riprende la donna - ... Pensi, padre, che io, guarda caso, sono un’assistente sociale. Mi dica quindi! Parli pure, si sfoghi!…

E abbraccia il chierico che si abbandona al pianto liberatorio.

- Povero parroco!…

- E pensare che …

- Chi l’avrebbe mai detto?

Si alternano alcuni dei presenti.

- Dica padre, dica, si confidi!

Insiste l’assistente sociale.

- Hei, hei!… E a me chi mi confessa?

Lamenta il delinquente che ora si sente trascurato.

- Nessuno per il momento, non vede che il padre è depresso? Non vorrà farsi confessare da un prete depresso spero!

- Perché? Qual è il problema?

- È che si potrebbero di colpo scambiare i ruoli.

Ammonisce l’assistente sociale mentre coccola il prete fra le braccia.

- E cioè?

Aggiunge il delinquente.

- E cioè passare da confessato a confessore senza neppure rendersene conto.

- Beh, io non ci capisco più niente e... la sa una cosa? Neppure me ne frega più di tanto a questo punto. Mi confessi lei, allora, che fa tanto la saputella!

- Ma come faccio? Io non posso…

- Certo che può! Lo fa per intercessione del prete depresso. Lei mi ascolta e lui mi assolve.

- Ma io devo ascoltare prima lui, è questo il mio lavoro!

Di nuovo il megafono da fuori.

- (Megafono) Tutto a posto signori? Volete farci capire qualcosa?

- Siiiii!… È tutto occhei per ora!…

- (Megafono) E lei chi è adesso?

- Sono l’assistente sociale!

- (Megafono) E perchè un’assistente sociale ora parla con noi? Dove è finito il parroco? E quel criminale?

- Ho anch’io il mio da fare, signore, lo sa? Il parroco... ora è indisposto. E quanto al criminale, beh... io non mi rivolgerei così al signor John John John John! Nessun criminale qui!

E ammicca verso tutti ruotando su sé stessa.

- (Megafono) Ma cosa va farneticando signora assistente sociale? Si tratta del noto John John John John John! Il rapinatore deficiente.

Il delinquente accusa il colpo, tuttavia, a quella provocazione non reagisce e trattiene un ulteriore singhiozzo. Intanto, a turno, gli altri fanno gioco di squadra…

- Sì, è proprio così, signore! Nessun delinquente!

- Non c’è nessun John John John John John qui dentro!

- Saremmo perfino tutti disposti a giurarlo in tribunale se servisse…

- E’ vero! Non c’è nessun John John John John John, vero ragazzi?

- Sì, è vero!

- Verissimo!

- Dica qualcosa anche lei padre, così diventa tutto più credibile!

Sussurra la signora più anziana e questi, tra i singhiozzi, aggiunge:

- È vero!... Sono il parroco!... Nessun John John John John John qua dentro!

- (Megafono) Ma cos’ha padre? Perché quella voce? La stanno minacciando forse?

- No! E’ molto emozionato!

Asserisce la suora.

- (Megafono) E come mai?

- Non crede ai suoi occhi!

- E questo che vuol dire adesso John John John John?

Domanda sottovoce l’assistente sociale.

- Boh! Mi pareva bella!

Rimarca il multijohn, anche lui sottovoce.

- (Megafono) Siete sicuri che non vi occorra aiuto?

- Sì, sicuri!

- (Megafono) Eppure qualcosa non quadra... Chi era allora quello che parlava con me all’inizio? A me sembrava proprio lui, John John John John John... E poi, cos’erano quei colpi? Chi ha sparato?

- Il parroco!

Risponde John John John John John.

- Questa è buona davvero!

Replica a voce bassa e compiaciuto di sé.

- (Megafono) E perché il parroco avrebbe sparato?

- Faceva un’esorcismo difficile. Tremendo. Con una scacciacani ha spaventato il demone possessore. E anche un poco il posseduto, che sono io. Il possessore diceva di chiamarsi John che, sommato ai miei quattro “John”, facevano cinque. Ecco perchè a lei saró sembrato l’altro! Ora è andato, se n’è andato quel maledetto impostore! Grazie al parroco, che a un tratto fa: “fuori da questo corpo!” e poi “bum bum bum!”... Qui ora è tutto tranquillo!

E tutti i presenti, increduli, esclamano con un bisbiglio all’unisono:

- Geniale!...

-(Megafono) Mmmm ... Bene... Allora noi ci fidiamo. Andiamo via, abbiamo altro da fare e speriamo proprio di acciuffarlo quel pivello prima o poi. Caspita però... neppure oggi!… Confermate? Tutto a posto allora?

- A postissimo ispettore.

- (Megafono) E lei come lo sa che io sono un ispettore?

- Pura fortuna, signore!

- (Megafono) Mmmm, allora arrivederci… A tutti…

Le auto si allontanano.

- Grazie a Dio!

Invoca la suora. Mentre John John John John John, neo John John John John si toglie i due passamontagna e rivela il suo viso bagnato di sudore e di lacrime. Di gioia stavolta.

- Grazie di cuore, grazie a tutti!

Abbraccia tutti. Il prete per ultimo.

- Mi assolva adesso, la prego…

- Ego te absolvo… (tra i singhiozzi e le coccole continue dell’assistente sociale)… filii et spiritus sancti…

Segue il segno di croce dei presenti.

- Grazie ancora!

Il malvivente depone l’arma a terra ed esce di corsa dall’ufficio postale. Dopo di lui, escono anche tutti gli altri, blaterando qualcosa riguardo a quella clamorosa avventura e, soprattutto, presentandosi, finalmente coi propri nomi: Incostanza (la donna del pugno), Indorata (la donna più anziana), Inonorata (l’assistente sociale), Suor Indonata (la suora), Infedele (l’uomo bassino e occhialuto) e Don Indonato (il parroco).

Nell’ufficio restano in due, l’impiegato e il distinto signore di cui ancora non conosciamo nulla. Questi, improvvisamente, raccoglie la pistola e la punta contro Inclemente.

- Adesso domandami chi sono o ti apro un buco in fronte!

- Ma cosa fa? Oh noo! Mi dà del “tu” adesso? Guardi che le rimane un solo colpo.

- E solo di quello ho bisogno… Presto, domandami chi sono?

- Lei chi è? Come si chiama?

- Io... io sono Gecchi Gec, maledetto pezzente!

L’altro non crede alle proprie orecchie. Cambia subito umore ed inizia ad agitarsi per la gioia.

- Ma tu guarda! A forza di vederla truccato e trasformato nei suoi infiniti personaggi non mi sono ricordato dei suoi tratti reali, mi scusi tanto!… Non ci posso credere! Io… Mi scusi… Lei è il grande Gecchi Gec? Proprio lei?

- Già, proprio io…

- Porca vacca! Mi aspetti qui, la prego, vado a richiamare tutti, aspetti! Vorranno i suoi autografi e anche ascoltare le sue mirabolanti avventure. Porca miseria!… Che giornata fortunata! Aspetti! Ehiiii! Ehiiiii voi! Tornate indietro! C’è Gecchi Geeeeeec! Ehiii!...

E corre via per raggiungere il gruppo ed informarlo dell’incredibile sorpresa.

Gecchi Gec resta solo. Al centro della scena. Assolutamente compiaciuto di sè.

1 commento:

  1. Non sono riuscita a leggerlo tutto d'un fiato per il solo motivo che sarei soffocata. Bellissimo

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